sabato 3 luglio 2010

Partecipazione giugno 2010


ALLA FINE CHI PAGA?

Hanno cercato in tutti i modi di farci credere che l’Italia ha affrontato la crisi meglio di chiunque altro, che dalla crisi stavamo uscendo alla grande, che il tasso di crescita è il più alto d’Europa, che la ricchezza del cittadino italiano è pari a quella del cittadino tedesco, ecc... e ci troviamo una stangata da 26 miliardi di euro tra risparmi di spesa e maggiori entrate con una finanziaria anticipata per evitare il peggio.
Dopo le frottole e l’inganno, la beffa. Ora sappiamo che la crisi è tutt’ora in atto, che la disoccupazione continua ad aumentare e che è necessario affrontarla. Chi paga? I dipendenti statali, con i salari bloccati per tre anni, i futuri pensionati con la riduzione delle finestre per uscire dal lavoro e con l’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile per le donne del pubblico impiego,gli enti locali che riceveranno meno trasferimenti dallo stato, cioè sempre il cittadino bisognoso che avrà meno servizi dal comune, dalla provincia e dalla regione. Intanto l’evasione fiscale è ai massimi storici, le grandi rendite finanziarie sono poco tassate e i grandi patrimoni sono sempre in crescita malgrado la crisi. Mai dal dopoguerra si è arrivati ad un così basso livello di autonomia dei comuni, mai si è arrivati a tagliare così drasticamente i fondi comunali, mai è stata così limitata la libertà di scelta di una giunta e di un consiglio comunale, in barba a tutti i proclami della Lega. E’ questo il tanto decantato federalismo? Cosa pensano i cittadini lombardi quando vedono trasferire i soldi dai comuni virtuosi a quelli che hanno sperperato, come Catania e Palermo, solo perché amministrati dal centro destra? Dove erano i deputati e i ministri leghisti quando il governo decideva di appianare i bilanci di Catania e Palermo per centinaia di milioni?
La Lega è molto brava a sollevare polveroni per illudere i sempliciotti, ma poi sotto non rimangono che illusioni e delusioni.

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“Da qui comincia il massacro delle libertà. Voi volete un popolo cieco, sordo, manipolabile e bue. Volete nascondere i vostri affari, l’uso delle risorse pubbliche e tutelare la vostra privacy. Chi vota la fiducia, vota la limitazione della libertà di informazione, la limitazione dei mezzi a disposizione degli investigatori per accertare reati ed individuare i colpevoli. Il gruppo dei Democratici non parteciperà al voto”. “Vergogna!”
Anna Finocchiaro

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DOCUMENTO
La lettera di Maria Luisa Busi "Non mi riconosco più nelTg1" Un giornalista puo' togliere la firma, una conduttrice puo' togliere la faccia"

ROMA - "Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto". E' questo uno dei punti centrali della lettera con cui Maria Luisa Busi ha annunciato l'intenzione di abbandonare la conduzione del TG 1. La missiva, tre cartelle e mezzo affisse nella bacheca della redazione del telegiornale, è indirizzata al direttore Augusto Minzolini e al Cdr, e per conoscenza al direttore generale della Rai Mauro Masi, al presidente dell'azienda Paolo Garimberti e al responsabile delle Risorse umane Luciano Flussi. Ecco il testo integrale.
"Caro direttore ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del Tg1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori".
"Come ha detto il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli: 'La più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identità, parte dell'ascolto tradizionale".
"Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perché è un grande giornale. E' stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l'informazione del Tg1 è un'informazione parziale e di parte. Dov'è il Paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perché negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro titolo.
E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata. Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel Tg1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale".
"L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale".
"Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell'affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. E' lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori".
"I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E' quello che accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda alla verifica".
Nella lettera a Minzolini, Busi tiene a fare un'ultima annotazione "più personale": "Ho fatto dell'onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente.
Pertanto:
1)respingo l'accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c'è più alcuno spazio per la dialettica democratica al Tg1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.
2)Respingo l'accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.
3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l’intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all'azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di "danneggiare il giornale per cui lavoro", con le mie dichiarazioni sui dati d'ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni. Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: 'il Tg1 darà conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche". Posso dirti che l'unica campagna a cui mi dedico è quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto. Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni. Sono stata definita “tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali” e via di questo passo. Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20. Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno".
E conclude: "Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del Tg1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere". 21/05/10


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VIOLENZA SESSUALE "LIEVE" AI MINORI: ECCO I NOMI DEI SENATORI!

Si erano inventati un emendamento proprio carino. Zitti zitti, nel disegno di legge sulle intercettazioni avevano infilato l'emendamento 1.707, quello che introduceva il termine di "Violenza sessuale di lieve entità" nei confronti di minori.
Firmatari, alcuni senatori di Pdl e Lega che proponevano l'abolizione dell'obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori, se - appunto - di "minore entità". Senza peraltro specificare come si svolgesse, in pratica, una violenza sessuale "di lieve entità" nei confronti di un bambino. Dopo la denuncia del Partito Democratico, nel Centrodestra c'è stato il fuggi-fuggi, il "ma non lo sapevo", il "non avevo capito", il "non pensavo che fosse proprio così" uniti all'inevitabile berlusconiano "ci avete frainteso". Poi, finalmente, un deputato del Pd ha scoperto i firmatari dell'emendamento 1707. Annotateli bene:
sen. Maurizio Gasparri (Pdl), sen. Gaetano Quagliariello (Pdl), sen. Roberto Centaro (Pdl), sen. Filippo Berselli (Pdl), sen. Sandro Mazzatorta (Lega Nord Padania), sen. Federico Bricolo (Lega Nord Padania) e il sen. Sergio Divina (Lega Nord Padania).
Per la cronaca, il sen. Bricolo era colui che proponeva il "carcere per chi rimuove un crocifisso da un edificio pubblico" (ma non per chi palpeggia bambini...); il sen. Berselli è colui che ha dichiarato "di essere stato iniziato al sesso da una prostituta" (e da qui si capisce molto...); il sen. Mazzatorta ha cercato di introdurre nel nostro ordinamento vari "emendamenti per impedire i matrimoni misti"; mentre il sen. Divina è divenuto celebre per aver pubblicamente detto che "i trentini sono come cani ringhiosi e che capiscono solo la logica del bastone" (citazione di una frase di Mussolini). Complimenti davvero.

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Due parole a proposito di “Piazziamoci quì”

L’iniziativa di chiusura della Piazza al traffico per una domenica al mese è innanzitutto un’ esperienza di politica nata dal basso, di persone che credono in un progetto e collaborano attorno ad esso al di là di qualsiasi spinta ideologica. E’ un’esperienza di politica perché ha un obiettivo che riguarda IL BENE COMUNE: mettere al centro gli individui e il loro bisogno di luoghi di incontro. E’ la politica di chi ha voglia di mettersi in gioco con le cose che sa fare. E’ la politica di Simone che alle otto della mattina sta già caricando il materiale necessario, di Lidia che tutta elegante aiuta a montare gli stands, di Dario che va avanti e indietro – instancabile - con la sua ape, di Roberto che cucina pastasciutta per tutti, di Graziella che racconta le sue avventure, di Sebastiano che dispone i libri, di Fiore e Piero che sono i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarsene, di Antonio che regala il suo sapere… di tutte quelle persone che non trovano posto in questo articolo ma che in Piazza se lo sono trovato creando uno stand o dando vita ad una mostra.
Non è facile appropriarsi di uno spazio che da molto appartiene al traffico delle automobili: “come riempirlo ? Cosa fare ? E’ tanto! E’ al sole! E’ in pendenza!.....parteciperà la gente?”
Alcune domande hanno trovato risposta e i bambini con i loro monopattini hanno fatto la parte del leone. Il resto finisce per perdere d’importanza.
Resta solo la consapevolezza di un laboratorio di cittadinanza attiva che ha raggiunto i suoi obiettivi.
PS: Grazie a tutte le persone che a vario titolo si sono spese in questa iniziativa e che non sono state menzionate in questo articolo.

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TESSERAMENTO

In un momento così critico e difficile cosa può spingere un giovane a fare la tessera di un partito? Quali ragioni possono stimolare a una tale scelta?
In questi tempi si respira aria pesante e a pagare di solito sono i più deboli, in modo particolare i giovani.
Precarietà nel lavoro, incertezza sul futuro, impossibilità a programmare una famiglia normale, iniquità di alcune scelte politiche, lo sfascio dei diritti, la frammentazione sociale… ci sono tante ragioni per essere davvero “incazzati”. E’ quasi normale che un giovane cada nel menefreghismo.
Ho fatto l’operaio per 40 anni, ho militato fin da giovane nel partito e nel sindacato, sono cresciuto politicamente nella sezione di Ome, ho vissuto momenti belli e meno belli, ma sono sempre più convinto che bisogna esserci se si vuole cambiare le cose, riconoscendo i torti e le ragioni del passato, per tracciare una strada nuova che abbracci le nostre diversità in un percorso che porta all’unità di tutti coloro che hanno a cuore la giustizia sociale e la crescita culturale ed economica di tutte le classi sociali, soprattutto di coloro che hanno meno opportunità.
E’ la realtà delle cose che ce lo chiede.
Ho volantinato e fatto tessere fin da giovane ed ora che sono in pensione lo faccio ancora e ne vado fiero per questa nuova avventura che ritengo entusiasmante: la crescita del PD. Qui posso realizzare le mie aspirazioni giovanili con persone che hanno scoperto con me la possibilità di essere uniti sulla visione di una società futura più libera e giusta.
La passione e l’impegno non mi hanno offuscato la mente, ho riconosciuto errori e mi sforzo di capire perché c’è tanto schifo e tanta delusione nella politica. Trovo tanti motivi per essere arrabbiati ma non rinuncio a rimboccarmi le maniche per aiutare il mio paese a ricostruire la speranza.
Io la vedo così!
A Ome i giovani non devono permettere che il futuro del paese sia solo in mano ai vecchi, c’è bisogno di giovani che abbiano voglia di occupare il loro posto, di imporre idee nuove, di programmare strade nuove. La politica non è una forma di volontariato di serie B, è la missione più alta a cui un cittadino deve aspirare per servire il suo paese




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